NCAA

Guida agli italiani in NCAA 2017-18

ITALHOOP vi guida alla scoperta dei nostri connazionali che prenderanno parte alla prossima stagione del college basket di Division I.

La stagione NCAA 2017-18 è alle porte, con la prima palla a due che verrà alzata venerdì 10 novembre (a fine pagina, il dettaglio delle prime gare in programma).

Italhoop, come sempre, seguirà con costanza tutti gli italiani impegnati in Division I per tenervi aggiornati sulla loro stagione. Quest’anno, abbiamo deciso di presentare la stagione a venire in modo diverso rispetto al passato, ovvero attraverso una graduatoria che provi a indicare chi, fra i nostri connazionali, abbia più possibilità di disputare un’annata, per così dire, interessante. Cosa intendiamo di preciso? Nient’altro che la combinazione di quattro aspetti che abbiamo preso in considerazione mettendoli sullo stesso piano:

  • Valore del giocatore (attuale e potenziale)
  • Impatto/minutaggio atteso
  • Valore della squadra
  • Valore della conference

UNO SGUARDO D’INSIEME – La stagione 2017-18 vede la presenza d’un numero-record di scholarship player italiani (ben dieci) nonostante i ritorni in Italia di Federico Mussini e Giacomo Zilli. Se la scorsa annata è stata abbastanza avara di prestazioni da circoletto rosso e di risultati importanti (con l’eccezione di Nicola Akele, campione dell’Atlantic 10 con Rhode Island), quella che sta per cominciare sembra proprio poter segnare un certo cambio di marcia.

Davide Moretti, Nicola Akele e Pierfrancesco Oliva fanno parte di squadre che aspirano fortemente a staccare il biglietto per il Torneo NCAA. Lo stesso dicasi per Alessandro Lever, benché la sua Grand Canyon partecipi a una conference capace di portare una sola formazione alla Big Dance, legando quindi il discorso post-season alla vittoria finale nella Western Athletic. I motivi d’interesse e le ambizioni non mancano nemmeno presso il resto della pattuglia, come potrete vedere attraverso la nostra guida.

N.B. Per ogni scheda, troverete anche la posizione occupata dai college cui appartengono i nostri connazionali nei preseason ranking che prendono in conto tutte le 351 squadre della Division I (in ordine alfabetico): ESPN (sia la graduatoria redatta secondo il Basketball Power Index che quella a cura di John Gasaway), Dan Hanner e Chris Johnson (Sports Illustrated), David Hess (Team Rankings), Matt Norlander (CBS Sports), Ken Pomeroy (kenpom.com) e Bart Torvik (barttorvik.com). Il primo numero indica la posizione nel ranking nazionale; il secondo, inserito fra parentesi, quella occupata all’interno della propria conference.


1. Davide MORETTI
G | Fr. | Texas Tech | 1998: #1

Davide Moretti è il giocatore di maggior talento nel lotto degli student-athletes italiani e, aspettando di vedere Francesco Badocchi in ACC l’anno prossimo, anche l’unico che si confronterà col livello massimo della pallacanestro collegiale, quello delle high-major. Il play-guardia classe ’98 proviene da un’ottima stagione in Serie A2 con Treviso (12.7 punti e 2.2 assist in 27.9 minuti di media) nella quale ha confermato la bontà dei pezzi forti del suo repertorio offensivo e, in grado variabile, mostrato miglioramenti in alcune aree in precedenza più deboli (efficacia nel puntare il canestro, movimenti lontano dal pallone).

La concorrenza interna nel reparto guardie non manca: salvo grosse sorprese, per lui non sembrano esserci all’orizzonte minutaggi paragonabili a quelli avuti in Italia. D’altro canto, Moretti porta con sé alcune qualità che possono renderlo molto utile nel roster di coach Beard, in particolare una maturità superiore rispetto alla media dei freshmen statunitensi e un range di tiro di cui la squadra ha sicuramente bisogno (Keenan Evans è l’unico altro giocatore che sembra poter garantire efficienza dall’arco con un numero significativo di tentativi).

Il fatto di averlo posizionato qui al primo posto non significa che, per noi, la sua nuova avventura non possa riservare ostacoli importanti: optando per i Red Raiders e la Big 12, il Moro ha scelto anche di misurarsi con un mondo tanto competitivo quanto differente da quello conosciuto finora. L’alto livello di fisicità e atletismo della conference potrebbe riservargli un impatto iniziale duro da digerire – il tema qui ricorda un po’ quello di Mussini alle prese col primo anno nella Big East, benché il caso del reggiano fosse più estremo sia in termini di gap fisico che di contesto dato dalla situazione della squadra.

Chris Beard (Lawrence Journal-World)

SQUADRA Il primo anno di Chris Beard come head coach non ha avuto granché da consegnare agli annali: 18 vittorie e 14 sconfitte in totale, un 6-12 in conference (terzultimo posto) ed eliminazione al primo turno del torneo della Big 12. Condizionata anche da una non-conference molto debole in quanto a rango di squadre affrontate, Texas Tech è rimasta esclusa sia dal Torneo NCAA che dal NIT.

Nonostante l’annata poco brillante, i Red Raiders hanno buoni motivi per guardare a questa stagione con ottimismo. La squadra non manca di opzioni: oltre a due transfer che potrebbero offrire molto alla causa (Tommy Hamilton e Brandone Francis), ci sono alcuni arrivi interessanti fra freshmen e giocatori da junior college che andranno a popolare la panchina col dovere di fornire il miglior supporto possibile a uno starting five interamente composto da senior e guidato da due giocatori di valore assoluto nella Big 12, Keenan Evans e Zach Smith.

Evans è un play-guardia che coniuga ottime capacità di scorer – anche in isolamento – a un’efficienza altissima (15.4 punti di media col 43.2% da tre). Smith, che quest’anno potrà contare sull’aiuto di un frontcourt più folto, è un 4 con un potenziale considerevole data l’impressionante versatilità in entrambe le metà campo (12.1 punti, 7.2 rimbalzi, 1.4 assist e 1.4 stoppate) abbinate a belle dosi d’esplosività.

Con Niem Stevenson da SG titolare, la concorrenza per Moretti negli spot 1 e 2 in uscita dalla panchina sarà rappresentata da due giocatori ben quotati a livello di junior college: Josh Webster e Hyron Edwards.

CONFERENCE • Kansas è la dominatrice annunciata della Big 12 (ha una striscia aperta di 13 titoli di regular season consecutivi) e una delle squadre più accreditate per andare lontano nel Torneo NCAA. Il gruppo di Bill Self, pur perdendo sia il suo giocatore più rappresentativo (Frank Mason) che quello di maggior talento (Josh Jackson), ha un roster non molto profondo ma con picchi d’eccellenza incarnati da Devonte’ Graham (leader designato) e Malik Newman (scorer di razza) nel backcourt e da Billy Preston e Udoka Azubuike nel frontcourt.

Alle spalle dei Jayhawks, l’equilibrio e l’incertezza regnano sovrane: sulla carta, tutte le squadre hanno i mezzi necessari per puntare alla Big Dance, magari anche con un seed alto, in qualche caso. West Virginia, col suo sistema ultracollaudato, è sicuramente la prima a venire in mente in tal senso. TCU è attesa a compiere un ulteriore balzo in avanti rispetto all’anno scorso grazie a un gruppo esperto e cementato dalla vittoria all’NIT. Texas e Oklahoma provengono da una stagione colma di sconfitte (e particolarmente deludente per i primi) ma hanno abbastanza talento da poter risalire la china, e di molto. Baylor si presenta ai blocchi di partenza da ranked team (#24 nella AP Poll), è reduce da una stagione esaltante ma ha perso alcuni pezzi importanti, in primis Johnathan Motley: Scott Drew ha sempre portato a casa dei bilanci stagionali positivi ma confermarsi agli stessi livelli dell’anno scorso non sarà facile.

Chiudono il cerchio tre squadre che appaiono leggermente staccate ma che non si possono tagliare via da alcun discorso di post-season: Iowa State (campione in carica del torneo di conference ma che ora presenta un roster rivoluzionato), Kansas State (orfana di due giocatori chiave della passata stagione) e Oklahoma State (squadra con potenzialità ma che è un po’ un punto interrogativo dopo le uscite di scena della star Jawun Evans e di coach Brad Underwood).

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Giocatore,Impatto,Squadra,Conference

★★★★☆,★★☆☆☆,★★★★☆,★★★★★

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ESPN BPI,John Gasaway,Hanner & Johnson,David Hess,Matt Norlander,Ken Pomeroy,Bart Torvik

22 (6),31 (6),43 (6),52 (10),69 (7),33 (6),41 (8)

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Per approfondire: Focus su Davide Moretti • Quale ruolo per Moretti a Texas Tech?


2. Nicola AKELE
F | Jr. | Rhode Island | 1995

La terza stagione di Nicola Akele potrebbe (e dovrebbe) essere quella della svolta nella sua carriera collegiale. L’ex Reyer Venezia è stato parte delle rotazioni di Rhode Island sin dal suo esordio assoluto ma con un impiego sempre piuttosto contenuto (13.6 minuti di media nel primo anno, 12.7 nel secondo). Va sottolineato però che il suo minutaggio da sophomore, pur scemando nella seconda parte di stagione, è stato più continuo (o meglio, meno legato alla necessità di tappare i buchi aperti dagli infortuni dei compagni) e inquadrato in un contesto più competitivo, con rotazioni più lunghe, rispetto all’annata precedente.

Difensore ormai affidabile e versatile (evidenti i suoi progressi in post basso), Akele è schierato abitualmente come 4 da coach Dan Hurley e ha dimostrato di poter avere buon impatto nei minuti lui concessi, pur in maniera molto poco appariscente. Il suo apporto in attacco è stato infatti all’insegna del puro gregariato (consegne principali: portare blocchi per gli esterni e tenere viva la circolazione di palla), con spazio tendente allo zero per le iniziative individuali – vederlo mettere palla a terra è stato estremamente raro. Le conclusioni prese non sono mai state molte ma, in compenso, il numero 45 di URI si è dimostrato uno spot-up shooter prezioso, come testimonia il 25/61 dall’arco (41%) messo insieme in questi due anni.

Alcune piccole note fuori dagli spartiti abituali, osservabili qui e là durante la sua stagione da sophomore, suggeriscono che Akele possa avere le caratteristiche giuste per assumere nuove responsabilità e giocare più minuti rispetto al passato recente. Come vedremo fra poco, la configurazione degli attuali Rams riserva delle aperture in questo senso.

Dan Hurley e Nicola Akele (Getty Images)

SQUADRA • Rhode Island viene da una delle sue migliori stagioni di sempre, con titolo dell’Atlantic 10 e partecipazione al Torneo NCAA riconquistati dopo ben 18 anni di astinenza. L’obiettivo di quest’anno è fare il bis e magari spingersi oltre il secondo turno della Big Dance. In fin dei conti, l’anno scorso i ragazzi di Hurley erano stati davvero a un passo dalle Sweet 16, eliminati da Oregon (poi giunta alle Final Four) al termine d’un finale tirato.

La base dalla quale ripartire è ottima, di sicuro: la squadra di Kingston dispone infatti d’uno dei backcourt più profondi, talentuosi ed esperti dell’intera Division I: E.C. Matthews (stella del gruppo e serio candidato a POY della A-10), Jared Terrell, Jarvis Garrett e Stanford Robinson saranno tutti all’ultimo anno di college e coadiuvati da Jeff Dowtin, sophomore lanciato verso un ruolo ancor più di primo piano.

Il frontcourt invece non presenta certezze altrettanto consolidate dato che i due starter delle ultime stagioni – Hassan Martin e Kuran Iverson – sono giunti al termine del proprio ciclo di studi. In compenso, coach Hurley avrà un buon numero di opzioni da vagliare. Non ci sono dubbi che il 5 titolare sarà il sophomore Cyril Langevine, una gran macchina da rimbalzi (4.5 di media in soli 13.2 minuti) che però probabilmente non potrà rimpiazzare Martin in tutto e per tutto (minori qualità di rim protector e mano meno affidabile). Alle sue spalle, il corpulento Andre Berry appare come un cambio valido in uscita dalla panchina. Ryan Preston, arrivato da junior college, porta molto atletismo nel ruolo di ala forte ma l’indiziato principale a rivestire il minutaggio più alto nello spot 4 è proprio il nostro Nicola Akele.

Questo, però, solo in caso d’uso esteso d’un assetto a tre guardie: i Rams di quest’anno potrebbero infatti puntare invece con decisione sullo small ball, opzione facilmente percorribile quando si hanno a disposizione molte guardie di livello tra cui una sorta di wild card come Robinson, giocatore d’alta intelligenza cestistica e con i mezzi adatti per coprire tanti ruoli diversi. Da questo punto di vista – e per esplicita ammissione di Dan Hurley – Rhode Island in questo momento è un cantiere aperto dove si sperimenteranno tante soluzioni diverse prima di trovare l’equilibrio giusto.

Quel che Akele può fare dal canto suo per conquistare spazio è incrementare il proprio contributo a rimbalzo (la squadra ne avrà davvero bisogno quest’anno) e confermare la propria pericolosità come tiratore sugli scarichi, visto che l’unico vero neo del reparto guardie di URI della passata stagione risiedeva proprio nelle percentuali al tiro da tre tutto sommato modeste per una formazione di questo livello. I cinque esterni citati in precedenza avevano accumulato un 170/495 dall’arco (34.3%); la squadra nel suo insieme, 217/653 (33.2%, 260a percentuale in D-I).

CONFERENCERoster profondo, talento diffuso e reparto esterni esperto: ci sono veramente pochi dubbi sul fatto che Rhode Island sia la favorita numero 1 per il titolo nell’Atlantic 10. C’è meno hype rispetto a un anno fa (solo 15 votanti su 65 dell’AP Poll l’hanno inserita nella Preseason Top 25) ma il potenziale è sempre alto.

St. Bonaventure può contare su uno dei backcourt duo più pericolosi della Division I: l’anno scorso, Jaylen Adams e Matt Mobley producevano insieme 39.1 punti, 9.5 rimbalzi e 9.1 assist per partita. Saint Joseph’s è molto ben attrezzata e piena di opzioni un po’ in tutti i reparti: se la sfortuna dovesse finalmente lasciarli in pace, potrebbero essere loro gli antagonisti principali di URI.

Le due powerhouse della conference, VCU e Dayton, stanno vivendo ricambi importanti, anche in panchina: guai a considerarli tagliati fuori – specialmente i primi – ma ci sono perplessità sul fatto che possano lottare per il titolo o per uno dei tre posti (o forse solo due quest’anno?) al Torneo NCAA solitamente riservati alle squadre dell’A-10.

Fra le restanti nove squadre che compongono la conference, Saint Louis sembra avere più di ogni altra le caratteristiche adatte per giocare il ruolo di outsider mentre Davidson potrà dare fastidio ma probabilmente finirà per soffrire l’addio della sua stella Jack Gibbs, pur potendo contare ancora sul talento di Peyton Aldridge.

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Giocatore,Impatto,Squadra,Conference

★★★☆☆,★★★☆☆,★★★★☆,★★★★☆

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ESPN BPI,John Gasaway,Hanner & Johnson,David Hess,Matt Norlander,Ken Pomeroy,Bart Torvik

43 (1),46 (1),31 (1),42 (1),25 (1),62 (1),52 (2)

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3. Pierfrancesco OLIVA
F | R-So. | Saint Joseph’s | 1996: #3

È passato molto tempo dall’ultima volta che l’abbiamo visto in azione – 20 marzo 2016, eliminazione al secondo turno del Torneo NCAA per mano di Oregon – ma finalmente Pierfrancesco Oliva è pronto a calcare di nuovo il parquet dell’Hagan Arena, dopo una stagione da redshirt per recuperare da un’operazione al ginocchio destro. Lo avevamo lasciato come starter col ruolo di 4 capace di rendersi utile in molti modi e in entrambe le metà campo – rimbalzi e playmaking prima di tutto – ma con percentuali di tiro da migliorare in maniera molto netta (38.8% dal campo e 51.1% ai liberi).

Dopo uno stop così lungo, è lecito chiedersi quale giocatore rivedremo in campo. A questo proposito, ci sono alcuni elementi che inducono all’ottimismo: l’ininterrotta fiducia di Phil Martelli nei suoi confronti, la smania di tornare a giocare con la convinzione di essere pronti e aver fatto progressi che ultimamente sono stati segnalati da osservatori che seguono la squadra da vicino. Un corrispondente del sito City of Basketball Love presente a uno scrimmage interno svoltosi nella scorsa settimana ha speso parole positive sullo stato di forma del tarantino: «Non ha dato segni di arrugginimento, mostrando molto atletismo nel correre su e giù per il campo. Oliva ha segnato il 30% delle proprie triple nel suo anno da freshman ma è sembrato molto più efficace nell’attaccare il canestro. Ha giocato da point forward, guidando St. Joe’s in contropiede e portando palla». Inoltre, Oliva pare aver lavorato molto sul fisico (piuttosto visibili alcuni chili in più rispetto alla stagione d’esordio) e sembra in possesso d’un jumper più affidabile, come riportato da Matt Gifford (Scout.com) dopo averlo osservato in qualche allenamento.

Phil Martelli

SQUADRA • Da campioni uscenti dell’Atlantic 10 ma con un rebuilding profondo da affrontare, il 2016-17 di Saint Joseph’s si è risolto in una incredibile via crucis d’infortuni dove il risultato finale (record 11-20 e penultimo posto nella A-10 con un misero 4-14) non ha assolutamente reso giustizia alle cose buone viste nel corso della stagione, soprattutto nella prima metà.

La prossima annata si annuncia ben diversa anche se, per ora, i conti con la sfortuna non sembrano del tutto saldati: non solo c’è da sciogliere il nodo legato al rientro di Shavar Newkirk (proviene da un lungo percorso di riabilitazione da un crociato rotto e ha appena ricominciato ad allenarsi col gruppo) ma anche fare i conti con l’infortunio subito da Charlie Brown (frattura del polso sinistro) a due settimane dall’inizio della stagione. Questi due giocatori avevano rappresentato le migliori notizie per coach Martelli l’anno scorso: Newkirk, giocando per la prima volta in carriera più minuti da SG che da PG, ha dato sfogo come non mai alle proprie doti di realizzatore (20.3 punti di media) e mostrato grandi progressi al tiro. Brown, ala eclettica e con interessanti margini di miglioramento, è stato fra i migliori freshman dell’A-10.

Non c’è dubbio che i due torneranno in campo nel corso della stagione ma per Saint Joseph’s è di vitale importanza che ciò accada il prima possibile, anche se non mancano altri giocatori validi nel roster. Lamarr Kimble (play) e James Demery (guardia/ala) sono altri due importanti asset della squadra; i freshmen Anthony Longpré (centro) e Taylor Funk (ala) promettono di fornire un contributo considerevole già da ora. Gli Hawks appaiono profondi come mai prima, con tante opzioni negli spot 4 e 5: pur non disdegnando affatto assetti extra-small, Phil Martelli è il primo a non voler trascurare questo fattore.

CONFERENCE • Vedi scheda Nicola Akele

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Giocatore,Impatto,Squadra,Conference

★★★☆☆,★★★☆☆,★★★☆☆,★★★★☆

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ESPN BPI,John Gasaway,Hanner & Johnson,David Hess,Matt Norlander,Ken Pomeroy,Bart Torvik

116 (7),73 (3),78 (4),104 (6),50 (3),66 (2),81 (3)

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Per approfondire: Oliva, sono pronto per una grande stagione


4. Alessandro LEVER
F | Fr. | Grand Canyon | 1998: #7

Fra i quattro freshmen italiani, Alessandro Lever potrebbe essere quello col maggior impatto all’interno della propria squadra. Preferita Grand Canyon rispetto a Georgia Tech pochi mesi dopo un bronzo europeo U18 da protagonista, il lungo bolzanino ha mandato segnali positivi nei due recenti exhibition game disputati dai Lopes. Nella sconfitta per 81-72 in casa di Nevada (una delle migliori squadre in circolazione al di fuori delle sei grandi conference), l’ex di Reggio Emilia è stato limitato dai falli – coach Majerle a fine partita ha fatto notare come l’italiano debba lavorare sulla difesa contro avversari più piccoli – ma riuscendo comunque a mettere insieme 9 punti, 3 rimbalzi e 1 stoppata in 10 minuti.

Nella larghissima vittoria per 89-49 contro St. Francis (IL), Lever è risultato essere il migliore in campo con 17 punti, 7 rimbalzi, 2 assist e 1 stoppata in 20 minuti. Anche tenendo contro del valore modesto dell’avversario, sono diverse le cose interessanti che si sono potute osservare, in particolare l’assenza di esitazioni sia nel prendersi tiri in catch-and-shoot dalla linea dei tre punti (facendo un 2/4) che nell’attaccare frontalmente partendo dall’arco.

Nella prima partita era entrato dalla panchina mentre nella seconda figurava nello starting five in coppia con Roberts Blumbergs, lungo lettone con ampi margini di miglioramento, dotato di discreto atletismo e che, soprattutto, eccelle nel giocare lontano dal canestro. Questa è sicuramente un’opzione molto intrigante per GCU, che permetterebbe di esplorare modi diversi sia di allargare il campo che di accrescere la propria pericolosità perimetrale. Majerle si è espresso sia a questo proposito che riguardo l’ultima prestazione di Lever: «Giocheranno molto insieme. Darò loro tante responsabilità perché saranno giocatori molto buoni. […] Mi piace molto Alessandro. Ha un gioco in post-up migliore di quel che ha mostrato stasera. Deve solo essere più paziente e sfruttare la propria taglia.»

Alessandro Lever e Dan Majerle

SQUADRA • Al di là del risultato finale, questa sarà una stagione storica per Grand Canyon. L’università di Phoenix, infatti, è al suo primo anno di eleggibilità piena da quando è entrata a far parte della Division I (le neoammesse devono attendere quattro anni prima di poter accedere al Torneo NCAA così come a quello di conference) e la squadra assemblata quest’anno è fra le più competitive della Western Athletic, specchio di un programma rampante, dagli investimenti importanti e intenzionato a crescere in tempi rapidi. Aspettative ed entusiasmo sono a mille: quello di GCU, infatti, è uno dei campi più difficili da espugnare in assoluto e già per l’amichevole con la piccolissima St. Francis si è registrato il tutto esaurito (oltre 7.000 spettatori) e un tifo da March Madness.

Oltre al contributo che verrà dato dai due lunghi europei, i Lopes di quest’anno contano soprattutto su un nucleo solido ed esperto dove la coppia play-guardia costituita da Casey Benson (arrivato da Oregon) e da Joshua Braun (candidato al POY della WAC) sarà assolutamente cruciale per le sorti della squadra. Un altro giocatore fondamentale per gli equilibri del roster è l’australiano Gerard Martin, ala piccola tuttofare e ministro della difesa agli ordini di coach Dan Majerle.

CONFERENCE • La corsa al titolo nella WAC potrebbe essere una delle più avvincenti da seguire quest’anno nel mondo delle mid-major, dato che sarà animata da alcune squadre che per valore sembrano davvero molto vicine l’una a l’altra. GCU è stata votata con alto consenso generale come favorita numero 1 nella poll ufficiale della conference. Per molti altri però è New Mexico State la squadra più attrezzata. Abituali dominatori della WAC (sette titoli negli ultimi undici anni), gli Aggies presentano uno starting five di grande impatto cui il nuovo coach Chris Jans dovrà affiancare una panchina il più possibile competitiva. Cal State Bakersfield è stata la vincitrice della regular season per poi essere beffata proprio da NMSU nella finale del torneo: ha perso alcuni pezzi pregiati (tre dei quattro principali realizzatori dello scorso anno) ma, forte d’una difesa particolarmente efficiente, ha ancora i mezzi per puntare al titolo. Utah Valley ha una squadra piena di upperclassmen e che dovrebbe essere resa molto profonda dall’arrivo di alcuni senior transfer.

In tanti tracciano una linea di demarcazione netta fra la prima e la seconda metà della conference. In effetti, pare esserci una sorta di abisso fra le squadre appena nominate e le varie UT Rio Grande Valley, UMKC e Chicago State mentre Seattle, invece, ci sembra rappresentare un’eccezione all’interno di questo gruppetto, avendo le qualità adatte per giocare un ruolo da outsider.

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Giocatore,Impatto,Squadra,Conference

★★★☆☆,★★★☆☆,★★★☆☆,★★☆☆☆

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ESPN BPI,John Gasaway,Hanner & Johnson,David Hess,Matt Norlander,Ken Pomeroy,Bart Torvik

94 (1),130 (2),120 (3),132 (2),78 (1),141 (2),128 (3)

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5. Gabriele STEFANINI
G | Fr. | Columbia | 1999: #7

Gabriele Stefanini è un prospetto che si è costruito una reputazione molto buona fra le high school del New Jersey nei suoi due anni a Bergen Catholic ma che al contempo – e in maniera in parte difficile da spiegare – è rimasto ai margini del giro azzurro dopo un Europeo U16, quello del 2015, chiuso da capocannoniere della spedizione guidata da coach Bocchino (13.4 punti di media). Ciononostante, parliamo d’uno degli italiani classe ’99 più interessanti, con un bagaglio tecnico di tutto rispetto e, benché giunto nella Ivy League in punta di piedi, col potenziale per ritagliarsi uno spazio importante a Columbia sin da subito.

Combo guard, ambidestro, jumpshot molto affidabile, buon ball handling, atleticamente nella norma – se parliamo di esplosività – ma robusto e coordinato più che a sufficienza per attaccare il ferro con efficacia e continuità: Gabe non ha mai tradito l’etichetta di realizzatore nemmeno dopo il trasferimento negli Stati Uniti e ha chiuso il suo ultimo anno coi Crusaders segnando oltre 17 punti di media e con percentuali di tiro alte (56% dal campo, 46% da tre e 90% ai liberi). Queste appena descritte sono solo alcune della qualità che fanno di Stefanini un ottimo fit per i Lions: oltre all’inclinazione a sporcarsi le mani e lottare a rimbalzo che farebbe felice ogni allenatore, la sua capacità di creare il contropiede – sia partendo in palleggio che con outlet pass illuminanti – si sposa molto bene con la vocazione di coach Jim Engles per le spinte sull’acceleratore.

In questi mesi di preparazione, il bolognese ha impressionato favorevolmente il suo coach e negli allenamenti rientra ormai stabilmente nel gruppo di otto giocatori in testa nelle rotazioni. È solo un primo passo ma che già dice qualcosa sia sulle qualità di Stefanini (il reparto esterni è profondo e un paio di elementi più anziani dovranno fare un passo indietro) che sulle probabilità di vederlo spesso in campo.

Jim Engles (NY Post)

SQUADRA • La prima stagione di Engles alla guida di Columbia non è stata delle più semplici, alle prese con un ricambio importante (via i tre leading scorer dell’annata precedente) e un nuovo sistema di gioco da instillare. Risultato: record 11-16 con sette sconfitte subite nelle ultime otto partite che hanno determinato il sorpasso di Penn nella corsa al quarto posto della Ivy.

Quest’anno l’addio più pesante è quello di Luke Petrasek ma, per fortuna dei Lions, il frontcourt vedrà l’ingresso di Jaron Faulds, prospetto 4-star che può avere grosso impatto sin da subito come rim protector e aggiungere in attacco quella pericolosità in area che era mancata nella passata stagione.

Buona parte delle probabilità di successo della squadra sarà legata alle prestazioni del backcourt duo formato da Mike Smith e Nate Hickman, ovvero i migliori realizzatori alle spalle di Petrasek nel 2016-17 (25.4 punti in due). Smith, ora al secondo anno di college, ha rappresentato una delle migliori notizie per Columbia nella scorsa annata, sfoggiando un playmaking dinamico e con poche sbavature abbinato a doti balistiche molto buone. È probabile che, uscendo dalla panchina, Stefanini venga impiegato soprattutto off the ball proprio accanto a Smith; in altri quintetti, invece, sarà il ball handler principale. In entrambi i casi, quel che Engles gli chiederà sarà di cercare innanzitutto buone conclusioni per sé.

CONFERENCE • Yale e Harvard sono le due favorite in una Ivy League dove l’asticella non ha smesso di alzarsi negli ultimi anni e che, ora, conta una più che discreta dose di talento presso gli underclassmen (giocatori ai primi due anni di college). Princeton, campione uscente e interprete d’un ottimo basket nella scorsa stagione, si annuncia ancora molto competitiva e potrebbe finire per non avere nulla da invidiare alle due formazioni citate in precedenza. È difficile che le prime tre piazze finiscano per essere occupate da altre squadre: nella lotta per il quarto posto – l’ultimo valido per accedere alla Final Four che assegna il titolo – Penn viene indicata come favorita ma proprio Columbia sembra avere le carte in regola per farle concorrenza, così come Cornell. Chiudono il cerchio Dartmouth e Brown, due squadre da non affrontare troppo alla leggera – specialmente i primi – ma che difficilmente rientreranno nella lotta per accedere alla postseason.

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Giocatore,Impatto,Squadra,Conference

★★★☆☆,★★★☆☆,★★☆☆☆,★★★☆☆

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[tabella]

ESPN BPI,John Gasaway,Hanner & Johnson,David Hess,Matt Norlander,Ken Pomeroy,Bart Torvik

185 (5),216 (5),229 (6),203 (5),232 (6),211 (5),283 (7)

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Per approfondire: Focus su Gabriele Stefanini


6. Giovanni DE NICOLAO
G | So. | UT San Antonio | 1996: #20

Fra i debuttanti italiani della passata stagione, Giovanni De Nicolao è senz’altro quello che è riuscito a togliersi le maggiori soddisfazioni. Chiavi in mano della squadra sin dalla prima palla a due, l’ex Casale Monferrato ha saputo ripagare la fiducia di coach Steve Henson mostrando attitudine da leader, un playmaking affidabile e sangue freddo nei finali punto a punto. Il più giovane dei fratelli De Nicolao ha chiuso la propria annata da matricola mettendo insieme 8.2 punti, 3.3 assist e 1.7 recuperi in 27.2 minuti e anche quest’anno dovrebbe essere l’azzurro col minutaggio più elevato e, soprattutto, quello da cui meno si può prescindere all’interno della propria squadra. Al fine d’elevare il proprio gioco, per DeNik sarà indispensabile cominciare ad aumentare le percentuali di tiro a partire dalla stagione a venire (solo il 32.3% dal campo e il 67.1% ai liberi l’anno scorso). La necessità di migliorare riguarda uno spettro piuttosto vario di conclusioni e di situazioni: il lavoro individuale non è di certo mancato nel corso della lunga offseason ma ogni eventuale progresso dovrà passare anche dalla bontà dell’attacco di UTSA nel suo complesso, visto che le conclusioni di De Nicolao non di rado arrivavano in situazioni d’emergenza, abbassandone l’efficacia.

Giovanni De Nicolao e Steve Henson (SA Express-News)

SQUADRA  Quello compiuto da Henson l’anno scorso è stato un piccolo capolavoro. Al primo incarico da capo allenatore dopo tanti anni come assistente di Lon Kruger, si è ritrovato in mano un collettivo apparentemente amorfo e con poco talento, secondo i più destinato a raccogliere sconfitte su sconfitte. Così non è stato: il coach è riuscito sin da subito a compattare la squadra sul piano motivazionale, donandole un’identità difensiva molto marcata che, insieme a una gran presenza a rimbalzo in ambo i lati, è stata alla base d’un più che dignitoso record stagionale vinte/perse (14-19) e soprattutto un insperato 8-10 nella Conference USA.

Ora viene il bello, perché ci sarà da riconfermarsi anche se la squadra di quest’anno è piuttosto giovane, anche a causa della perdita d’un tassello non da poco: Jeff Beverly, go-to-guy della scorsa annata – 15.8 punti di media e l’Usage di gran lunga più alto della C-USA (34.1%) – e ora senior transfer a Iowa State. Sarà necessario uno step deciso nella metà campo offensiva – magari giungerà dalle forze fresche in arrivo nel backcourt, Jhivvan Jackson e Keaton Wallace – perché se per la difesa dei texani i complimenti da fare sono molti, altrettanto non si può dire dell’attacco visto l’anno passato, produttore d’uno degli offensive rating più bassi della Division I (il 326/o, per la precisione) e addirittura della terzultima percentuale di squadra al tiro da tre (28.3%). Oltre ad avere grossi problemi d’efficienza offensiva, UTSA non era in grado d’incarnare i ritmi alti tanto prediletti da Henson: l’intenzione del coach è di cominciare a cambiare registro anche da questo punto di vista.

CONFERENCE  Middle Tennesse è stata la regina della C-USA nei tempi più recenti e ha saputo interpretare perfettamente il ruolo di mid-major ammazza-grandi nelle ultime due edizioni del Torneo NCAA. Ora però avrà da fare i conti con un ricambio dettato da due partenze importanti (Reggie Upshaw e JaCorey Williams) e la distanza dalle rivali dirette potrebbe accorciarsi molto. La lotta per il titolo rischia di essere apertissima, con diverse squadre, oltre ai già citati Blue Raiders, che puntano ai piani alti o comunque in grado di andare lontano nel torneo di conference (UAB, Old Dominion, Western Kentucky, Louisiana Tech e UTEP). In tutto questo, UTSA può replicare il ruolo rivestito l’anno scorso, cioè quello di squadra da non prendere sottogamba e capace di posizionarsi nella parte centrale della classifica in questa conference a 14 squadre.

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Giocatore,Impatto,Squadra,Conference

★★☆☆☆,★★★★☆,★★☆☆☆,★★☆☆☆

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ESPN BPI,John Gasaway,Hanner & Johnson,David Hess,Matt Norlander,Ken Pomeroy,Bart Torvik

285 (10),265 (11),243 (10),301 (12),252 (9),284 (11),297 (10)

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Per approfondire: De Nicolao: anch’io voglio giocare a Marzo


7. Roberto VERCELLINO
F | So. | Northern Colorado | 1997: #12

La prima stagione oltreoceano di Roberto Vercellino è stata contrassegnata da parecchi alti e bassi, condizionato da uno stato fisico non ottimale che ne ha pregiudicato sia il minutaggio che la qualità delle prestazioni nella parte centrale dell’annata: partito con un posto nello starting five, l’ex Virtus Bologna ha poi visto molto meno il campo (specialmente nel mese di dicembre) e ha chiuso la stagione a quota 2.5 punti e 2.4 rimbalzi in 10.5 minuti. Quando in salute, però, il torinese ha mostrato buone cose, per quanto assegnato a mansioni offensive più che altro di supporto e non di rado legate alle zone perimetrali, non le sue preferite.

Per non perdere terreno nelle rotazioni, Vercellino dovrà sviluppare il proprio gioco di pari passo fra dimensione esterna e interna, dato che gli equilibri imposti dallo stile di coach Linder non solo necessitano particolarmente di un 4 capace di aprire il campo ma potrebbe persino vedere una svolta verso un 4-out 1-in, riducendo quindi i minuti a disposizione dei lunghi. L’exhibition game con Johnson & Wales fa ben sperare (8 punti, 7 rimbalzi e 2 assist in 20 minuti partendo nel quintetto iniziale) per quanto debba essere preso in considerazione con cautela, anche per via dell’assenza del compagno di reparto Kai Edwards (minutaggio praticamente sempre in doppia cifra l’anno scorso con rendimento in crescita nel finale di stagione).

Jeff Linder (Getty Images)

SQUADRA • Per premesse scoraggianti e bontà del risultato finale, la stagione d’esordio di Linder sulla panchina dei Bears non si è discostata molto da quella del suo collega Henson a UTSA, raccontatavi poc’anzi. L’epilogo inglorioso dalla gestione BJ Hill – licenziato dopo che la NCAA aveva riconosciuto molteplici e gravi violazioni sia a livello accademico che di recruiting – non aveva mancato di far danni, determinando un anno di ban dalla postseason (autoimposta, com’è praticamente inevitabile in casi come questi) che ha indotto due giocatori importanti a optare per il redshirt per non “sprecare” l’ultimo anno di eleggibilità.

Ora Anthony Johnson e Tanner Morgan saranno di ritorno, andando a rinforzare una squadra che ha messo insieme un record stagionale di 11-18 (7-11 nella Big Sky). Bilancio a prima vista mediocre ma in realtà largamente soddisfacente, sia prendendo in conto le varie difficoltà affrontate che quanto di buono è stato mostrato sul campo, anche in alcune sconfitte come quelle arrivate soltanto dopo un OT contro North Dakota, vincitrice sia della regular season che del torneo di conference.

Johnson, portando in dote i suoi 15.8 punti di media col 39.1% da tre del 2015-16, andrà ad occupare il posto di SG titolare, affiancando Jordan Davis in un backcourt duo che promette di fare faville. Salito agli onori della cronaca per la sua bizzarra apparizione in estate con l’U20 dell’Azerbaijan, Davis è un playmaker letale nel trovare soluzioni per sé o per i compagni – come attestato dai 19.3 punti e 5.6 assist dell’anno scorso – con una particolare abilità nell’attaccare il ferro. Il suo difetto maggiore (e tutt’altro che trascurabile) risiede nelle brutte percentuali di tiro (29.8% da tre e 59.9% ai liberi). Per fortuna dei Bears, le opzioni dal perimetro non mancano grazie ad altre guardie come Chaz GlottaJonah Radebaugh.

Morgan sarà il 5 titolare in una squadra molto orientata sugli esterni e che, come accennato prima, potrebbe finire spesso per schierarne quattro contemporaneamente – Andre Spight, transfer da Arizona State, avrà un ruolo di primo piano. Gli interrogativi su minutaggi e tipo d’impiego degli altri lunghi – Vercellino, Edwards, Sylla e Drgon – sono dunque aperti, anche se gli ultimi due sembrano indirizzati verso un utilizzo molto basso.

CONFERENCE • Come già accennato, North Dakota proviene da una stagione memorabile in cui ha staccato il biglietto per il Torneo NCAA per la prima volta nella sua storia. I Fighting Hawks però, pur dando l’impressione di poter restare competitivi, rischiano di dover fare un passo indietro dopo aver perso tre starter della scorsa annata. Fra le altre undici squadre che compongono la Big Sky, ce ne sono almeno cinque con legittime aspirazioni da titolo e Northern Colorado è una di queste. Idaho e Montana State hanno nuclei collaudati (coi secondi che possono fare affidamento su Tyler Hall, forse il miglior scorer nel mondo mid-major). Montana ha un backcourt di livello e alcune novità negli spot 4 e 5 che potrebbero farle fare un ulteriore salto di qualità. Weber State non potrà più contare sui ventelli di Jeremy Senglin ma promette di restare competitiva come sempre. Eastern Washington, al primo anno del dopo-Hayford, farà forse fatica a confermarsi ai vertici, non potendo più disporre d’un giocatore dominante come Jacob Wiley, ma sarà sempre da prendere con le molle visto che a guidarla ci sarà Bogdan Bliznyuk, ala all-around di rara qualità.

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Giocatore,Impatto,Squadra,Conference

★★☆☆☆,★★☆☆☆,★★★☆☆,★★☆☆☆

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ESPN BPI,John Gasaway,Hanner & Johnson,David Hess,Matt Norlander,Ken Pomeroy,Bart Torvik

228 (7),233 (7),195 (5),239 (6),190 (3),221 (5),217 (4)

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8. Scott ULANEO
F | So. | Seattle | 1998: #14

Dal punto di vista individuale, il primo anno di college di Scott Ulaneo è stato piuttosto soddisfacente: l’ala grande romana infatti ha trovato spazio sin dall’inizio nelle rotazioni lunghe – e per vari motivi, mutevoli – di Seattle: 15.2 minuti a partita, ottavo minutaggio più alto (il settimo senza contare Aaron Menzies, messo fuori gioco da un infortunio grave a metà stagione) di una squadra con diversi compagni di reparto più esperti. Nelle 30 partite disputate ha viaggiato a quota 4.4 punti e 3.2 rimbalzi di media.

Dotato di buona mobilità e statura (208 cm) per il ruolo di 4 ma probabilmente con qualche chilo da metter su (97 kg), sarà interessante verificarne i progressi nell’attaccare frontalmente dal palleggio e soprattutto nel tiro da tre. Cameron Dollar infatti lo impiegava spesso nelle zone perimetrali (come lungo capace di aprire il campo) e l’arrivo di Jim Hayford sulla panchina dei Redhawks non cambierà nulla in questo senso, visto che il coach ama mordere in transizione e colpire dall’arco. Proprio per questo motivo, Ulaneo dovrà innalzare in maniera significativa le proprie percentuali (26.7% da tre). Fa comunque ben sperare il suo essere passato, durante la scorsa stagione, dal 2/12 in totale nella non-conference al 6/18 nella WAC.

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Giocatore,Impatto,Squadra,Conference

★★☆☆☆,★★★☆☆,★★☆☆☆,★★☆☆☆

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9. Mattia DA CAMPO
G | So. | Seattle | 1997: #15

La stagione da freshman non è stata delle più semplici per Mattia Da Campo: lasciato in panchina per gran parte dell’anno (6 apparizioni nelle prime 19 partite), ha trovato finalmente un po’ di spazio solo durante l’ultimo mese e mezzo (in campo 10 volte su 11 per 8.7 minuti di media). L’arrivo di coach Hayford ha resettato tutto, in un certo senso, perché insieme a lui sono giunti a Seattle anche tre graduate transfer e, con essi, la necessità di far spazio nel roster. Da Campo – insieme a Ulaneo e altri compagni – si è ritrovato così sotto esame per tre mesi e alla fine è riuscito a evitare il taglio (o meglio, il redshirt “forzato”).

Difficile fare previsioni ora ma è probabile che il suo minutaggio resti grossomodo invariato (pur con un impiego più frequente per numero di partite) perché se da un lato il trasferimento di Zack Moore ha aperto qualche spiraglio, dall’altro la concorrenza negli spot 2 e 3 è sempre alta. D’altro canto, è lecito aspettarsi una crescita in quanto a impatto. Non sarà il giocatore che mette in fila delle statline che saltano all’occhio ma la sua versatilità può essere utile in uscita dalla panchina, soprattutto nella metà campo difensiva dove, a questo livello, ha dimostrato di poter essere efficace sul perimetro e di tenere botta sul fronte interno nell’ambito di quintetti small.

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Giocatore,Impatto,Squadra,Conference

★★☆☆☆,★★☆☆☆,★★☆☆☆,★★☆☆☆

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Per approfondire: Da Campo, quest’anno Seattle vi stupirà

Jim Hayford

SQUADRA • Il sodalizio con Cameron Dollar non ha dato i risultati sperati da un’università che ormai da diversi anni coltiva ambizioni da protagonista (due sole annate con record positivo sulle otto passate alla guida di Seattle). Nella scorsa stagione, complici anche due infortuni importanti, Dollar ha compiuto continui esperimenti nelle rotazioni ma senza riuscire a trovare l’equilibrio giusto che desse una vera e propria identità alla squadra, chiudendo infine con un bilancio di 13 vittorie e 17 sconfitte (5-9 nella Western Athletic), alquanto deludente rispetto alle aspettative iniziali.

L’assunzione di Jim Hayford può aprire scenari futuri interessanti per i Redhawks. Il coach infatti si è distinto durante i suoi sei anni a Eastern Washington (con un titolo di conference conquistato nel 2015) per la bravura nel reclutare e coltivare talenti sottovalutati: uno su tutti, Jacob Wiley, sul punto di lasciare il basket definitivamente dopo un anno deludente con Montana (3 minuti a partita) e poi pescato da un college della NAIA per vederlo esplodere come POY della Big Sky, trampolino per la Summer League che lo ha portato alla firma coi Brooklyn Nets.

I Redhawks sono piuttosto giovani ma potranno contare sulla leadership di due graduate transfer (entrambi esterni): Richaud Gittens da Weber State e Jordan Hill da Wisconsin. Il primo in particolare ha tiro e atletismo in quantità e dovrebbe avere un impatto notevole. I due migliori giocatori rimasti dalla scorsa annata e dai quali ci si attende molto sono entrambi europei: lo sloveno Matej Kavaš e l’inglese Aaron Menzies. Kavaš, guardia/ala di 2.03 metri, è un ottimo tiratore (40.4% da tre) ed è cresciuto esponenzialmente nella seconda metà di stagione (11.6 punti in 26.6 minuti nelle 14 partite di conference, sempre partendo dalla panchina). Menzies è un imponente centro alto 2.21 metri che, oltre a portare rimbalzi e stoppate, ha un bel tocco dai due metri: marcarlo sarà un affare complicato per la maggior parte dei suoi avversari. Non è di certo la tipologia di giocatore ideale per i ritmi alti che piacciono a Hayford: sarà dunque interessante vedere quanto verrà utilizzato e quanto l’allenatore andrà incontro alle sue caratteristiche.

Come per ogni nuovo ciclo, è più probabile che quello di Hayford a Seattle dia i suoi frutti migliori nel lungo periodo, anche perché il coach si è già dato un gran daffare in ambito recruiting (occhio ai transfer eleggibili nel 2018). Il gruppo di quest’anno, pur non essendo a immagine e somiglianza del suo allenatore, non è comunque da sottovalutare. Come appena visto,ci sono diversi elementi interessanti che, trovando la chimica giusta, potrebbero trasformare la squadra nella dark horse della conference. Difficile, ma non impossibile.

CONFERENCE Vedi scheda Alessandro Lever

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ESPN BPI,John Gasaway,Hanner & Johnson,David Hess,Matt Norlander,Ken Pomeroy,Bart Torvik

210 (5),294 (7),244 (5),271 (5),221 (5),278 (5),243 (5)

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10. Andrea BERNARDI
G | Fr. | Marist | 1997

Ultimo arrivato in ordine di tempo – il suo passaggio a Marist è avvenuto a luglio – Andrea Bernardi è una combo dal fisico piuttosto leggero (193 cm d’altezza per 82 kg) ma dallo spiccato atletismo che ora giunge negli USA dopo non aver trovato molto spazio a livello senior: nella stagione 2015-16, tredici partite in A2 con Verona a 4.4 minuti di media; l’anno scorso, 19.8 punti di media in C Silver a Riva del Garda e tre brevi apparizioni in Serie A con Trento. Gli aspetti da sgrezzare non mancano, playmaking e comprensione del gioco in primis. A questo proposito, è interessante il fatto che coach Mike Maker sembri intenzionato a svilupparlo innanzitutto come point guard. Solo il campo però ci dirà quale tipo d’impiego sarà predominante durante la stagione.

Mike Maker

SQUADRA I Red Foxes portano sulle proprie spalle un passato recente tutt’altro che brillante: record 22-72 e sempre nelle retrovie della Metro Atlantic Athletic nei tre anni con Maker al timone. Ai nastri di partenza di questa stagione non sembrano esserci, sulla carta, lampanti segnali d’incoraggiamento, benché l’allenatore sia pronto a giurare sulla crescita della squadra.

Il team di Poughkeepsie conta una folta colonia europea (sei giocatori di altrettante nazionalità fra cui l’islandese Kristinn Palsson, ex Stella Azzurra) e in attacco dovrebbe affidarsi principalmente agli esterni Brian Parker e Ryan Funk, ovvero due dei tre giocatori in doppia cifra di media l’anno scorso. Giunto al terzo anno di college, Parker sarà incaricato di raccogliere il testimone di Khallid Hart e diventare il nuovo leader della squadra. Gli interrogativi legati al reparto lunghi sono molti ed è difficile prevedere quale tipo di contributo aspettarsi dai vari attori. Ad ogni modo, Maker non ha fatto mistero di riporre molte speranze nel sophomore Aleksandar Dozic (transfer da Marshall) ritenendolo fondamentale, insieme ai già citati Parker e Funk, per dare maggior equilibrio già da ora e porre le basi per una squadra fatta di upperclassmen d’impatto per la stagione 2018-19.

CONFERENCE Iona è la squadra da battere nella MAAC e sembra avere tutti i crismi della cenerentola di Marzo. Alle sue spalle c’è discreto equilibrio e le potenziali guastafeste non mancano (Monmouth, Manhattan, Fairfield e Niagara). Marist e Quinnipiac sono le due squadre relegate al fondo della conference in maniera unanime da parte degli osservatori. La missione di Maker e della sua truppa è dunque quella di smentire tutti.

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Giocatore,Impatto,Squadra,Conference

★★☆☆☆,★★☆☆☆,★☆☆☆☆,★★☆☆☆

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ESPN BPI,John Gasaway,Hanner & Johnson,David Hess,Matt Norlander,Ken Pomeroy,Bart Torvik

303 (10),297 (10),311 (10),305 (10),297 (10),307 (10),300 (10)

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Alcune menzioni d’obbligo

Tutti i giocatori presentati fin qui nella guida hanno una borsa di studio per meriti sportivi – con la parziale eccezione di Stefanini che, come tutti gli atleti della Ivy League, non gode d’una full scholarship. Fra le varie squadre di Division I, però, c’è anche un walk-on italiano: è Deon Franklin, ala piccola classe ’95 di Marquette, squadra della Big East uscita al primo turno del Torneo NCAA 2017 per mano di South Carolina. Nato a Pordenone e cresciuto in Italia prima di trasferirsi negli USA tre anni fa, Franklin (in possesso di doppia nazionalità, italiana e americana) ha collezionato 8 apparizioni sul parquet (mai oltre i 4 minuti) durante la scorsa stagione ed è sempre a caccia del primo canestro con la maglia dei Golden Eagles.

 

C’è chi, poi, è in possesso d’una borsa ma che al momento deve restare fermo ai box: è il caso di Francesco Badocchi, classe ’98 reclutato da Virginia (uno dei migliori programmi del panorama statunitense, inquadrato in una conference d’élite come l’ACC) dopo un biennio da protagonista in ambito liceale con Bishop Miege – due volte campione del Kansas, 14.7 punti, 6.2 rimbalzi e 2.8 stoppate di media nel suo anno da senior. Reduce da un’operazione al ginocchio, ci sarà una stagione da redshirt ad attendere l’ala piccola milanese.

Atletismo, versatilità, leadership ma anche un tiro da perfezionare e un fisico da irrobustire: il percorso di crescita di Badocchi si annuncia tanto meritevole d’attenzione quanto richiedente di pazienza, dato che difficilmente se ne potranno vedere i frutti se non nel lungo periodo – come spesso accade, del resto, coi prospetti coltivati da coach Tony Bennett.

 

Un altro giocatore costretto a veder rinviato il proprio debutto in D-I (seppur per motivi completamente diversi) è Thomas Woldetensae. A inizio maggio, l’esterno classe ’98 aveva scelto UMKC come meta dopo due anni in Florida a Victory Rock Prep (10.6 punti, 2.9 assist e 3.2 recuperi di media nella stagione da senior). L’ex BSL San Lazzaro è però poi stato dichiarato ineleggibile per via d’una questione burocratica notificata dagli organi preposti soltanto a metà agosto, precludendo così la possibilità di poter riunire in tempo la documentazione necessaria per porre rimedio al problema. L’università di Kansas City, però, non ha rinunciato a Woldetensae: il giocatore, infatti, potrà entrare nei ranghi dei Roos a partire dalla stagione ’18-’19, una volta risolto il nodo della sua eleggibilità. Nel frattempo, inizierà i propri studi e giocherà a basket in un junior college (Indian Hills, nell’Iowa).


Programma del weekend d’apertura

VENERDI 10
1:30 UNC Asheville @ Rhode Island – I Rams inaugurano la stagione ospitando i Bulldogs (ex squadra di Giacomo Zilli), ormai solida realtà mid-major e favorita numero 1 per riprendersi lo scettro della Big South. Il confronto fra i rispettivi backcourt promette d’essere molto apprezzabile. URI è favorita ma l’appuntamento è di quelli insidiosi.
2:00 Northern Colorado @ Colorado – Debutto in trasferta (ma ad appena un’ora di macchina) per i Bears, ospiti dei più quotati Buffaloes, squadra della Pac-12 di cui quest’anno fa parte anche Lazar Nikolic, ex Stella Azzurra. Se il duo Davis-Johnson è particolarmente ispirato, Northern Colorado può avere qualche chance di fare il colpaccio ma, sulla carta, l’ago pende tutto in favore dei ragazzi di coach Tad Boyle.
2:00 Seattle @ Saint Louis – Esordio stagionale molto impegnativo per i Redhawks che vanno a far visita a una squadra da piani alti nell’Atlantic 10. Padroni di casa favoriti ma con moderato allarme-upset.
2:30 Columbia @ Villanova – L’inizio di stagione impervio dei Lions (sette trasferte consecutive) comincia affrontando l’ostacolo più duro. L’obiettivo più concreto per Columbia: provare a tenere vivo il match fino all’intervallo e, in generale, fare una buona figura.
3:00 South Alabama @ Texas Tech – Debutto casalingo che si annuncia senza troppe complicazioni per i Red Raiders che ospitano una delle squadre meno attrezzate della Sun Belt.
3:00 Florida A&M @ Grand Canyon – Quest’anno occorrerà aspettare un paio di settimane prima che i Lopes inizino a trovare pane per i propri denti in non-conference. Difficile che i Rattlers – formazione da metà classifica nella debolissima MEAC – trovino abbastanza risorse per impensierire i padroni di casa.

SABATO 11
1:00 Saint Joseph’s @ Toledo – Per la seconda stagione di fila, gli Hawks bagnano l’esordio affrontando i Rockets. L’anno scorso, i ragazzi di Phil Martelli l’avevano spuntata vincendo in casa di appena un punto. Adesso il divario fra le due squadre appare più ampio in favore di Saint Joseph’s ma la sfida sembra comunque piuttosto impegnativa.
1:00 Lehigh @ Marist – I Red Foxes ospitano una squadra della Patriot League che presenta diverse novità rispetto all’anno scorso ma che comunque parte favorita in questa sfida. Per Marist sarebbe molto importante sfruttare il fattore casa e trarre entusiasmo da una vittoria che i più non pronosticherebbero.

DOMENICA 12
22:00 East Central @ UT San Antonio – I Roadrunners debuttano affrontando una formazione di Division II. Un inizio a marce basse, ma attenzione: già incontrati l’anno scorso, i Tigers avevano dato loro filo da torcere (vittoria UTSA di appena 4 punti).
1:00 Puget Sound @ Seattle – Di ritorno dal Missouri, i Redhawks disputano la prima in casa ospitando una squadra di Division III che non dovrebbe riserbare pericoli.

 

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